Il grande autore russo di Vita e destino è stato durante la Seconda guerra mondiale inviato di guerra al fronte per l’organo ufficiale dell’Armata Rossa, Krasnaja zvezda (Stella rossa). Nel 1944 esce L’Inferno di Treblinka sulla rivista Znamja. Grossman, inviato di guerra fin dal giugno 1941, nel 1944 arriva nella Polonia occupata dove si trova il campo di sterminio nazista. Grazie a una serie di testimonianze rilasciate dai sopravvissuti e dalla popolazione locale, l’autore ricostruisce le truci tappe dello sterminio perpetrato nel campo.
I nazisti abbandonavano il campo nell’ottobre del 1943, prima dell’arrivo dei soldati sovietici. Ebrei, zingari e slavi (soprattutto prigionieri) venivano spediti a Treblinka. Al campo non si facevano divisioni delle persone abili al lavoro perché tutti venivano inviati direttamente nelle camere a gas. Alle donne venivano tagliati i capelli per poi essere spediti in Germania (non si conosce cosa ne facessero). L’orrore non abbandona nessuna delle 79 pagine del libro. Fosse comuni, camere a gas, torture e morte fanno da cornice a tutto il racconto. Le testimonianze raccolte da Grossman non potevano essere altrimenti, la follia umana permane in ogni interstizio. La crudeltà era diventata un tratto distintivo delle SS e delle guardie preposte al campo. Non c’era alcuna differenza tra uomini, donne e bambini. Nessuno veniva risparmiato e la pietà era morta e seppellita. Odio, perversione e bestialità governavano quell’inferno.
Questa cronaca è uno dei primissimi resoconti di prima mano della macchina di sterminio nazista e tanto importante da essere usata come accusa al processo di Norimberga, contro i criminali nazisti.
Vasilij Grossman, L’inferno di Treblinka, Adelphi (2010)